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Una produzione al 100% artigianale che vanta imitazioni in tutto il mondo: è la sedia chiavarina. La classica con la seduta di paglia. Declinata in centinaia di migliaia di versioni, è un vero oggetto di design. Pesa meno di due chili e, nel laboratorio dei fratelli Levaggi, i giovani falegnami ne realizzano lo scheletro. Solo l’impagliatura della seduta non avviene qui, ma è affidata alle mani delle impagliatrici, con una sorta di Smart Working ante litteram: gli scheletri vengono infatti portati nelle loro case. Ed è da lì che, dopo otto ore di lavoro per una singola seduta, esce la famosa sedia chiavarina La F.lli Levaggi è protagonista di CNA Storie del mese. “All’inizio dell’800 non esisteva un concetto di sedia così leggera, ma allo stesso tempo robusta e resistente” spiega Paolo Levaggi, 48 anni. Con il fratello Gabriele, che ne ha 46, porta avanti la tradizione inaugurata dal papà. “Dopo due secoli questa sedia rimane insuperata come prestazione”, dice orgoglioso Paolo.
Spalla a spalla con architetti e designer
Paolo e Gabriele appartengono alla seconda generazione della storica azienda, conosciuta proprio per la produzione delle sedie chiavarine. Dietro la porta dello show-room c’è il laboratorio, dove si producono interamente a mano. “Riusciamo a cucire una seggiola su misura delle esigenze del suo arredatore” spiega Paolo. “La sedia chiavarina si è evoluta nel tempo e oggi si adatta agli stili di arredamento più disparati. Rimane invariata nella struttura e nella robustezza e noi la decliniamo, a seconda delle esigenze, nelle forme e nel design” spiega. “Lavoriamo moltissimo con gli architetti e studi di design che apprezzano il fatto di poterla personalizzare: nessuna sedia è personalizzabile come la sedia chiavarina”.
“Riusciamo a cucire una seggiola su misura delle esigenze del suo arredatore
La concorrenza non fa paura
La sedia chiavarina è da sempre imitatissima: sul mercato spopolano cloni cinesi, che vanno a scimmiottare l’originale. Ma a Paolo, il fenomeno, non preoccupa: “siamo su un livello qualitativo talmente distante che il nostro mercato non è compromesso da queste imitazioni“. Del resto la materia prima utilizzata è frutto di ricerca e selezione. “Abbiamo una regione molto ricca a livello forestale – racconta Paolo-. Gran parte dei legni viene dai nostri monti. La stagionatura è naturale e garantisce una robustezza e una durata maggiore rispetto alle sedie realizzate con legni sottoposti a essiccazione forzata”. Paolo e Gabriele studiano nel dettaglio e scelgono ogni pezzo: “nella nostra attività realizziamo molti elementi e ogni elemento ha spessori e caratteristiche differenti. Può capitare che in commercio non troviamo legno con le caratteristiche che cerchiamo noi, e allora diamo indicazioni a chi lo prepara di ritagliarlo a seconda di quello che ci serve”. L’unica materia prima a non arrivare dal territorio è quella utilizzata per la seduta: il giunco indonesiano. “Ha sostituito il salice da inizio Novecento. Ha le caratteristiche delle tipiche sedie viennesi. In meno di un millimetro ha una resistenza estrema e contribuisce alla tenuta della seggiola” spiega Paolo.
Le impagliatrici a domicilio
Nel laboratorio vengono realizzati gli scheletri, mentre la seduta è affidata alle mani delle impagliatrici. “L’impagliatura della seggiola di Chiavari è il fiore all’occhiello” dice con orgoglio Paolo. “E’ un processo interamente artigianale. Richiede perizia: per realizzare una seduta ci vogliono più di otto ore”. Per questo serve precisione, pazienza e manualità. Una manodopera altamente specializzata, affidata all’abilità delle impagliatrici: “Sono bravissime e gestiscono il lavoro a domicilio”. Un lavoro tutto al femminile che, come tutti i lavori artigianali, è pieno di insidie: “Quando qualcuno si propone di imparare, noi lo affianchiamo a una impagliatrice già esperta. Ma trovare nuove leve da formare per garantire il ricambio è sempre una sfida”.
Trovare nuove leve da formare per garantire il ricambio è sempre una sfida
La passione dei giovani per il mestiere
Una sfida a tutto campo, sebbene per i Fratelli Levaggi lavorino otto giovani ragazzi. Il più giovane, Klajdi, ha 18 anni. “E’ sempre la parte più difficile trovare persone valide che si appassionano a questo mestiere – spiega Paolo-. Abbiamo una scuola di falegnameria qui vicino e quando vediamo qualche giovane particolarmente motivato può nascere un rapporto lavorativo. Ma ci sono sempre meno iscritti, perché il falegname è ingiustamente considerato un mestiere non attrattivo. Dovremmo lavorare a livello di formazione per avvicinare i giovani a queste realtà, che richiedono un lavoro manuale”.
Il supporto di CNA
Grazie a CNA, Paolo e Gabriele hanno potuto partecipare a importanti fiere, che restano un canale prezioso per un prodotto al 100% made in Italy, conosciuto in tutto il mondo. “Per noi il mercato più importante rimane l’Italia, dove sedia è più conosciuta e apprezzata, ma ci siamo aperti molto anche all’export: all’estero si lavora con realtà di grande pregio. Grazie a CNA abbiamo partecipato a importanti fiere internazionali. E’ un supporto importante, perché le piccole realtà artigianali non hanno le forze umane e materiali per affrontare sforzi organizzativi importanti. L’associazione, in questo senso, può fare da incubatore per le piccole realtà che possono così avere più chance di presentare i prodotti nel mercato estero” spiega Paolo.
“abbiamo cercato di affiancare alla tradizione e ai saperi artigianali la tecnologia più recente
Sostenibilità e innovazione, i driver per guardare al futuro
Paolo e Gabriele riservano un’attenzione particolare alla sostenibilità e all’innovazione, consapevoli che anche i processi esclusivamente artigianali possono trovare un valido supporto nell’automazione. “Abbiamo molto a cuore l’utilizzo consapevole e responsabile delle risorse, tanto che puntiamo su una lavorazione attenta all’ottimizzazione degli scarti: anche dal più piccolo si può tirare fuori un componente della sedia. Noi lo facciamo credendoci molto, pur essendo consapevoli che costerebbe meno lavorare sulla tavola vergine!” osserva Paolo. E poi c’è l’innovazione: “abbiamo cercato di affiancare alla tradizione e ai saperi artigianali la tecnologia più recente, acquistando un macchinario per le operazioni di bucatura e fresatura, con ottimi risultati in termini di precisione. Fatte a mano possono essere stancanti, e liberandoli da queste operazioni i nostri ragazzi possono concentrarsi su aspetti di finitura: determinanti per la qualità del prodotto finito”. Ecco come la macchina può essere un valido alleato al lavoro manuale, senza sostituirlo. Ma piuttosto liberando spazio per la creatività.